Fino al periodo di quarantena dello scorso anno, non avevo mai preso in considerazione l’idea di svolgere il mio lavoro online. Non nascondo che, come per molti altri, il pensiero di mettere uno schermo tra me e la persona con cui dialogo era fonte di una certa perplessità. Nonostante ciò, le particolari circostanze e i lunghi mesi di restrizioni mi hanno indotto a mettere da parte i miei dubbi e a riconsiderare l’utilizzo della webcam come strumento alternativo per fare psicoterapia.
Dunque… “a mali estremi, estremi rimedi”?
Non necessariamente la terapia online deve rappresentare un rimedio estremo. Nel mio caso, la tecnologia si è infatti rivelata una valida alternativa all’incontro in studio, se entrambi gli interlocutori – cliente e terapeuta – accettano e condividono le potenzialità e i limiti che questo tipo di interazione comporta. Per molte persone, dialogare con uno psicologo tramite webcam o telefono rappresenta uno scomodo compromesso in mancanza di alternative migliori. Altre, invece, considerano la terapia online una modalità di incontro privilegiata. Anche per i professionisti della psicologia esistono diverse posizioni a riguardo: c’è chi si sceglie internet come mezzo elettivo del proprio lavoro, proponendosi principalmente come terapeuta online, e chi invece lo utilizza solo in caso di necessità. Può essere perciò utile conoscere tanto gli aspetti critici quanto gli aspetti positivi e i vantaggi di questa nuova prassi (qui potete trovare un precedente articolo che approfondisce la questione).
Come si possono gestire gli inconvenienti e i limiti della terapia online?
Svolgere un percorso con lo psicologo dal divano di casa propria implica spesso una serie di piccoli ma non trascurabili inconvenienti che rischiano di influenzare il processo terapeutico. È tuttavia possibile mettere a punto alcuni semplici accorgimenti, così da limitare gli aspetti critici e le difficoltà dell’interazione online e al contempo sfruttare al meglio i vantaggi che la tecnologia offre. Vediamo alcuni suggerimenti.
Scegliere lo spazio per la terapia.
Tendenzialmente, la stanza in cui avviene l’incontro con lo psicologo può assumere un valore significativo per la persona che intraprende un percorso psicologico. Nonostante ritenga che ogni luogo possa diventare scenario di una psicoterapia (qui affronto anche la questione del setting), certamente condivido l’importanza dello spazio che ospita il dialogo tra cliente e professionista. Lo spazio fisico finisce infatti spesso per corrispondere ad una sorta di spazio mentale per coloro che affrontano il delicato processo del cambiamento. Per mantenere la concentrazione e lo stato d’animo necessari, sarebbe indicato eleggere una zona della propria abitazione in quanto luogo dedicato alla psicoterapia. Consiglio inoltre – qualora fosse possibile – di stabilire un posto e una posizione diversi da quelli solitamente scelti per altre attività lavorative o per le ore di relax, così da limitare sensazioni alienanti come quella di trovarsi costantemente sul luogo di lavoro o quella di sentire la permanenza di certi pensieri negativi nel proprio spazio privato anche al termine del colloquio.
Evitare stimoli esterni e distrazioni.
La condivisione emotiva delle proprie storie, dei propri pensieri e dei propri vissuti richiede particolari attenzione, intimità e privacy; condizioni che purtroppo non sempre è possibile ritrovare tra le mura domestiche. Distrazioni di ogni genere sono in agguato, pronte a dirottare la concentrazione e a disturbare quel clima di tranquillità. Un convivente che entra nella stanza, un elettrodomestico in funzione, la lista della spesa sul tavolo che ci ricorda che dobbiamo comperare il latte, il calendario alla parete, il telefono che squilla, il campanello che suona… numerose sono le possibili distrazioni, quando si lavora in casa propria. L’intrusione di questi stimoli esterni, in apparenza trascurabili, può in realtà interferire notevolmente nel dialogo con il terapeuta e nel delicato processo psicologico in atto. Il mio consiglio è allora quello di assicurarsi di non essere in alcun modo interrotti, almeno per l’intera durata del colloquio; se necessario e se possibile, può essere utile esprimere chiaramente questo bisogno con chi divide lo stesso spazio casalingo, in maniera tale da accordarsi e da rispettare ciascuno gli spazi altrui.
Ritagliare il tempo per la terapia.
Oltre alla questione dello spazio da dedicare alla terapia, un ulteriore fondamentale aspetto è rappresentato dalla dimensione temporale. Mi riferisco non soltanto alla durata del colloquio, ma anche al tempo – o, se vogliamo unire entrambe le dimensioni, allo spazio temporale – che precede e segue l’incontro con il terapeuta. Tanto la preparazione per l’appuntamento e l’arrivo allo studio dello psicologo quanto il tragitto di ritorno verso casa o verso il luogo di lavoro consentono infatti a chiunque inizialmente di entrare nello stato d’animo adatto per il colloquio e successivamente di metabolizzare ciò che è avvenuto nel corso di quell’ora. Immaginate di dovervi sganciare in fretta e furia da una riunione di lavoro online o da una faccenda domestica per collegarvi all’appuntamento con il terapeuta, senza neppure il tempo di ripensare a ciò che vi siete detti la volta precedente; immaginate poi di dovervi reimmergere nel lavoro o in altre attività subito dopo il colloquio, senza la possibilità di fermarvi qualche minuto a riflettere. Basta poco per ovviare a questo inconveniente: stabilire un breve tempo di preparazione e di decompressione prima e dopo la terapia costituisce un piccolo accorgimento, che tuttavia può portare notevoli benefici a livello di stress emotivo e di concentrazione.
Creare delle abitudini legate alla terapia.
Tutto ciò che partecipa a definire una regolarità, come lo stabilire uno spazio e un tempo dedicati esclusivamente alla terapia, rappresenta un elemento importante per la costruzione di un’abitudine. A ciò possono concorrere altre azioni o modalità, come ad esempio la scelta di vestirsi per l’appuntamento come se si stesse per uscire di casa, oppure la preparazione della propria postazione di lavoro con fogli, penne, fazzoletti o qualsiasi altra cosa si ritenga utile avere a portata di mano in occasione degli incontri con il terapeuta. Insomma, vale tutto ciò che si farebbe se il colloquio si svolgesse in presenza nello studio dello psicologo. Mettere in atto questi rituali o queste abitudini può aiutare a percepire e vivere la situazione insolita con più normalità, riducendo lo stress e l’ansia che in certi casi ne derivano.
Comunicare con il terapeuta.
Questo consiglio dovrebbe essere quasi scontato: vale sempre e comunque, in qualsiasi circostanza. A maggior ragione, se ci si trova a disagio o in difficoltà nella gestione degli incontri online da casa può essere utile condividere con il terapeuta tali sensazioni. Ciò non solo permetterebbe di sciogliere parte della tensione e delle possibili incomprensioni, ma fornirebbe al contempo l’occasione per discutere e valutare insieme alcune alternative o soluzioni percorribili. In fin dei conti, la situazione potrebbe risultare scomoda o difficoltosa anche per il professionista, abituato a ricevere i propri clienti di persona.
In queste righe ho voluto proporre in linea generale alcuni tra gli accorgimenti che si possono mettere in pratica per riuscire a gestire le difficoltà legate al fare psicoterapia online. Se utilizzati in maniera strategica, tali suggerimenti possono agevolare l’utilizzo di una prassi terapeutica che porta con sé alcuni svantaggi – non intendo negarlo – ma anche numerosi vantaggi e possibilità, soprattutto in tempo di restrizioni. In questo mondo in continuo cambiamento, cambia anche la psicoterapia.