Fototerapia e fotografia terapeuticaPotere dell'immagine

L’alternativa del mezzo fotografico: nuovi orizzonti in psicologia

By 3 Settembre 2020Aprile 11th, 2022No Comments

Perché uno psicologo dovrebbe scrivere di fotografia?

Nell’immaginario collettivo, la psicoterapia viene vista come un lungo percorso fatto di parole, di persone che dialogano incessantemente, alla ricerca di risposte che consentano di scavare nei meandri reconditi della mente umana.
Mi permetto di dire che non è così! O meglio, non del tutto. Certamente la psicoterapia è un percorso che coinvolge due persone in costante dialogo tra loro. Ma non necessariamente si tratta di un processo così lungo come si tende a credere. Né tanto meno dev’essere orientato all’ostinata ricerca delle cause: meglio domandarsi perché si sta male oppure concentrarsi su come stare meglio? La questione, tuttavia, richiederebbe un approfondimento che affronterò in altra sede. Nelle prossime righe metterò invece in dubbio un preciso aspetto: la parola in quanto elemento unico e totalitario della psicoterapia.

Chi dice che il dialogo può avere luogo solo tramite la parola?

La comunicazione passa attraverso differenti tipi di canali e di linguaggi, inclusi quelli visivi. Ciò vale tanto per la vita quotidiana – si pensi alle varie forme d’arte o più banalmente alle pubblicità che ci bombardano ogni giorno – quanto per la psicoterapia. L’immagine e la fotografia, che già figurano come presenze costanti intorno a noi, stanno prendendo sempre più piede anche nei contesti della salute psicologica. L’immagine fotografica, oltre a rappresentare un potente mezzo di espressione emotiva, risulta infatti essere uno strumento tra i più diffusi e con il quale la maggior parte delle persone ha una certa familiarità. Ciò porta con sé numerosi vantaggi. Ma i benefici più significativi vanno attribuiti alle potenzialità nascoste della fotografia e soprattutto alla possibilità di farne un utilizzo che sia positivo e ingegnoso.

Se la parola costituisce per gli psicologi un elemento imprescindibile, come possono inserirsi l’immagine e la fotografia nel lavoro terapeutico? Quali sono i vantaggi che le rendono efficaci strumenti di cambiamento?

Il linguaggio verbale ci consente di esprimere concetti e ragionamenti complessi, senza di esso sarebbe certamente impossibile riuscirci. Tuttavia, può essere talvolta difficile trovare la maniera per comunicare adeguatamente una sensazione, un sentimento o un’emozione specifici. In quante occasioni non siamo in grado di trovare le parole giuste per descrivere una particolare sfumatura del nostro sentire? A chi non è mai capitato? Ecco che la fotografia può facilitarci, aiutandoci nella condivisione dei nostri vissuti interni. Attraverso l’immediatezza del loro linguaggio simbolico, le immagini possono dunque offrire l’opportunità di oltrepassare i limiti della parola, che mira invece a definire e concettualizzare.

Tutto ciò può rappresentare un vantaggio doppio, se si considerano particolari individui, condizioni o contesti. L’uso delle fotografie rende infatti possibile comunicare persino con chi presenta dei limiti linguistici più o meno marcati, come ad esempio i bambini, i sordomuti o gli stranieri. Perché non occorre tradurre un’immagine, giusto? Quello è un processo che viene dopo, quando si tenta di concettualizzarne il significato.
Tale strumento appare inoltre fortemente indicato nei percorsi di psicoterapia che vedono coinvolti vissuti, disagi o problematiche di un certo tipo; risulta ad esempio particolarmente efficace per coloro che si trovano in difficoltà nell’accettare la propria immagine corporea, o nel riaccettarla in seguito ad un incidente o ad una malattia, oppure per chi non riesce a manifestare la propria identità sessuale o di genere. Tuttavia, l’estrema versatilità del mezzo consente di sfruttarlo al meglio in qualsiasi altra situazione. Ciò chiaramente non significa che in terapia si debba sempre ricorrere alla fotografia, in quanto il terapeuta competente dev’essere abile nell’individuare di volta in volta lo strumento più adatto per poter interagire efficacemente con il suo cliente e per instaurare un buon dialogo con la persona che si trova di fronte.

Una foto esprime visivamente la realtà dell’individuo che le dà forma. Le immagini rappresentano infatti la metafora del modo in cui ciascuno percepisce il mondo, attraverso le proprie angolazioni e i propri filtri (qui potete leggere un approfondimento). L’immagine fotografica in particolare costituisce una sorta di reinvenzione, una reinterpretazione della realtà, offrendo in questo modo una via di accesso privilegiata alla soggettività della persona.
Il mezzo fotografico si rivela perciò un supporto utile e prezioso anche per il sottoscritto in quanto terapeuta. Quante volte si desidera di poter vestire momentaneamente i panni altrui, per meglio comprenderne ragioni e punti di vista? Ciò consente in qualche modo di farlo. Osservare le immagini scaturite dall’occhio del cliente mi concede infatti l’opportunità di guardare il mondo attraverso le lenti dell’altro, indossando un metaforico paio di occhiali che mi permettono di fare in prima persona esperienza dell’altrui esperienza.
In altre parole, il vero esperto e conoscitore dei propri vissuti resta sempre il cliente; il terapeuta assume invece il ruolo dello spettatore – colui che osserva la realtà attraverso lo sguardo dell’altro – ma con le competenze necessarie per guidarlo efficacemente lungo un processo di cambiamento.

Ogni percorso di cambiamento che si rispetti esige una qualche forma di reinvenzione personale. Obiettivo, questo, che si ottiene anche tramite la riformulazione dei resoconti offerti dal cliente, al fine di guidarlo nella costruzione di storie inedite che contengano nuove versioni di sé.
Va ricordato infatti che l’atto narrativo scaturisce dal bisogno di raccontarsi – non solo agli altri, ma anche a se stessi – e deriva dall’esigenza di dare un senso agli eventi della propria vita. Per raccontare e raccontarsi qualsiasi strumento è lecito: sia che si tratti di parole dette, sia che si tratti di parole scritte, sia che si tratti di immagini e di fotografie.
La fotografia costituisce uno strumento narrativo molto potente: dà infatti l’opportunità di reinventare e reinventarsi creativamente, di dare forma a nuove narrazioni alternative di sé e della propria storia passata, presente e futura.

In aggiunta, l’accessibilità del mezzo fotografico lo rende uno strumento che chiunque può sfruttare per poter stare meglio. È dunque sempre necessaria la partecipazione di uno psicoterapeuta? Occorrono apparecchiature specifiche? In quali altri modi può essere utilizzato questo mezzo?

Bisogna innanzitutto fare una distinzione tra fototerapia e fotografia terapeutica.
Si parla di fototerapia ogniqualvolta l’uso dell’immagine si trovi inserito in una progettualità terapeutica che richiede l’intervento di un professionista. La fotografia terapeutica, invece, consiste in un insieme di esercizi che l’individuo può svolgere in autonomia, senza che si renda essenziale il coinvolgimento dello psicoterapeuta. In entrambi i casi, non serve ricorrere ad alcuna apparecchiatura particolare o costosa; basta essere muniti di una qualsiasi fotocamera o di un telefono cellulare che scatta le foto.
È importante considerare come queste due differenti pratiche non si pongano in antitesi tra loro; al contrario, possono essere sfruttate al meglio in maniera combinata. Ad esempio: mentre la fototerapia implica l’utilizzo delle immagini insieme ai miei clienti durante gli incontri, la fotografia terapeutica mi offre la possibilità di assegnare alcuni esercizi da svolgere a casa tra un colloquio e l’altro, al fine di mantenere la continuità nel lavoro e di promuovere un senso di autonomia e di autoefficacia.
Andando oltre a questi due vasti ambiti si possono ulteriormente distinguere diverse tipologie di tecniche psicologiche basate sulla fotografia, che verranno approfondite in futuro con una serie di articoli su questo blog.

In conclusione, l’utilizzo creativo dell’immagine – e dunque di un linguaggio alternativo a quello verbale – può senza dubbio offrire numerosi vantaggi e benefici terapeutici, soprattutto quando avviene sotto la guida di un professionista competente che sia in grado di affiancare il mezzo fotografico all’uso della parola, integrandoli sapientemente nel processo narrativo che conduce al cambiamento. D’altro canto, se entrambi i linguaggi risultano a loro modo efficaci e adatti in differenti contesti, immaginate le potenzialità che hanno da offrire insieme!
Con l’inarrestabile sviluppo della tecnologia, inoltre, la fototerapia e la fotografia terapeutica promettono di continuare ad evolversi insieme alle apparecchiature fotografiche, affermandosi sempre più in ambito psicologico.

Giorgio Bordin

Author Giorgio Bordin

Psicologo, psicoterapeuta, formatore, fotografo, autore di articoli su web e riviste.

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