I colori caldi, le foglie che scivolano a terra, le giornate che si accorciano anticipando il calar della sera, il freddo che avanza… è l’autunno, il periodo dell’anno in cui si cominciano a desiderare nuovamente il divano, la coperta, la tazza bollente tra le mani, per lasciarsi avvolgere dal tepore di casa e farsi cullare dalla sensazione di coccola. È un vissuto dolce e amaro, come lo sono spesso i ricordi; è proprio questa analogia che rende l’autunno la stagione più nostalgica.
Ma cosa fa della nostalgia un’emozione al tempo stesso dolce e amara?
Nostalgia è una parola di derivazione greca e dal significato evocativo. È il dolore del ritorno; il ritorno di persone, momenti, luoghi, sensazioni, sentimenti ed emozioni, ma anche parti di noi stessi che riemergono dal passato e vengono a bussare alla nostra porta travestiti da ricordi.
Riceviamo tutti – chi più, chi meno – le visite dei fantasmi passati. Come nel romanzo di Charles Dickens, ci offrono talvolta un promemoria di ciò che è stato e di chi siamo stati, rispedendoci mentalmente indietro nel tempo; altre volte, come bonus, ci offrono insieme una visione di che avrebbe potuto essere e di chi avremmo potuto essere noi.
Personalmente, un forte senso di nostalgia mi pervade quando osservo una fotografia degli anni trascorsi. Rivedo il mio viso di bambino, di adolescente, o di giovane uomo; rivedo il mondo così come lo vedevo allora, ritrovo i miei pensieri, i miei modi d’essere e con essi tutto ciò che faceva parte di un tempo che non c’è più; rivedo le persone e i luoghi che frequentavo, che hanno avuto per me un significato e un valore, rivivo con la mente e con il cuore eventi, episodi o anche interi periodi della mia vita; rivedo anche il futuro che sognavo e il futuro che mi aspettavo.
Ogni volta che guardo una fotografia, qualcosa mi colpisce… e quante cose può dunque dirci un’immagine, quando la osserviamo nuovamente! Ogni volta sembra quasi un’esperienza nuova che si aggiunge alle altre, ogni volta la foto può regalarci delle informazioni in più, delle intuizioni che prima ci erano sfuggite, permettendoci di esplorare ancora e ancora i nostri ricordi.
Quale utilità si cela nella propria nostalgia?
Quanto detto risponde già in parte alla domanda, ma c’è dell’altro. Quando proviamo nostalgia, la nostra esperienza in qualche modo si espande. L’immersione nel passato offre una duplice opportunità: consente di osservare il presente con lo sguardo di allora, permettendo al contempo di osservare il passato con lo sguardo attuale. Ed ecco che le prospettive si moltiplicano!
Ogni volta che proviamo nostalgia, dunque, abbiamo l’occasione di fare un bilancio. Il maggiore rischio è quello di finire nella trappola del rimpianto o del rimorso, lasciando che lo sguardo si perda nella malinconica valle dei ricordi. Ma dedicare tempo alla nostalgia non significa per forza che si debba passare le ore a rimpiangere o a rimuginare, anche quando ci rendiamo conto che le cose non sono andate come avremmo voluto. La nostalgia va piuttosto coltivata, va presa come un’opportunità per aggiustare la rotta, per apprendere dai propri errori e per cambiare il modo di vedere le cose, il modo di vivere il presente e il modo di agire in esso.
La nostalgia è un’emozione potente, in grado di coglierci inaspettatamente; può travolgerci e tramortirci, ma può anche avvolgerci e sollevarci. È un vissuto complesso e qualche volta doloroso, ma che tuttavia rappresenta una risorsa preziosa e che può essere dunque sfruttato in un percorso di cambiamento e di crescita personale, magari con la guida di un terapeuta che possa indirizzare l’attenzione e lo sguardo. Per questo l’osservazione delle fotografie – spesso veicolo di sentimenti nostalgici – costituisce uno strumento particolarmente utile ed efficace nei contesti di psicoterapia che richiedono l’attivazione di certi ricordi. Perché allora non partire proprio dalle foto, recuperate da vecchi album o diari, alla ricerca della nostalgia perduta?