Ho ripensato ad una storia che ho letto mesi fa. Questa racconta di un asino che, finito malauguratamente in fondo al pozzo di un contadino, comincia a ragliare senza sosta per attirarne l’attenzione. Il contadino, il quale si è preso sempre molta cura dell’asino, accorre sul posto seguendone il lamento. Come ci si può facilmente aspettare, l’uomo ce la mette tutta per provare a trarre in salvo l’animale. Purtroppo ogni tentativo è vano e il contadino prende infine una decisione. Intenzionato un giorno o l’altro a chiudere quel pozzo e anticipandosi che il povero asino andrà comunque incontro a morte certa, egli inizia a spalare la terra lì intorno e a gettarne una badilata per volta dentro al pozzo. “Seppellendo tutto” pensa il contadino “risparmio all’animale ulteriori sofferenze. Non dovrò inoltre preoccuparmi ancora del pozzo, che rischia di causare altri guai”. Mentre l’uomo continua a spalare e a riempire, a spalare e a riempire, l’asino ad un certo punto smette di ragliare. Man mano che la terra cade nel pozzo e sopra all’animale, questo se la scrolla di dosso e sale di un gradino verso la superficie, fino a che non è in grado di uscire dal pozzo con un balzo, lasciando il contadino stupefatto.
Ci troviamo qui di fronte ad una metafora. Questo racconto parla certamente di un asino, di un contadino e di un pozzo; ma al tempo stesso parla di qualcos’altro, che non viene mai nominato ma che viene espresso sotto forma di un concetto o – per usare un termine che solitamente si accompagna alla lettura delle favole – di una morale. Quale concetto ci propone questa storia?
È una parola che si sente spesso, sembra infatti andare molto di moda. Mi riferisco al termine resilienza, che in tanti avranno sicuramente già sentito. Viene parecchio usato in psicologia per indicare la capacità di fronteggiare gli eventi negativi in maniera positiva, attraverso una riorganizzazione delle proprie risorse.
Può sembrare forse un concetto complicato, eppure in qualche modo ci riguarda tutti. Ognuno incontra differenti avversità nel corso della vita, ma qualcosa ci accomuna: chi non si è mai sentito, almeno una volta, come l’asino in fondo al pozzo?
Sicuramente c’è chi crederà di non possedere alcuna resilienza, di non essere così fortunato da avere in sé un’abilità così preziosa… è dunque il caso di sfatare tale convinzione! Innanzitutto, la resilienza non è una dote in nostro possesso, né va considerata come una tecnica che si può imparare tramite particolari discipline o addestramenti. Può essere invece intesa come una competenza che va promossa in ciascun individuo e sempre a partire dalle risorse a sua disposizione. In definitiva, quindi, siamo tutti capaci di essere resilienti. O meglio, siamo tutti “esseri resilienti”.
Ciò viene messo in risalto da numerosi esempi, che ci vengono forniti dalle comuni esperienze di vita delle persone: il più lampante è l’esperienza del lutto, il quale può consistere nella perdita di una persona cara, nella fine di un rapporto, nella chiusura di un fase significativa della propria esistenza. Gli esseri umani si mostrano infatti in grado di fronteggiare persino gli eventi drammatici. Per riuscirci ciascun individuo mette in gioco le proprie risorse, trovando il suo personale modo di reagire alla crisi, il suo personale modo di essere resiliente.
Ma se quanto detto finora è vero, cioè che siamo tutti capaci di resilienza, perché non sempre riusciamo a sfruttare tale competenza? Perché risulta talvolta così difficile? Cosa accade in alcuni casi?
La questione può essere estremamente complessa e sarebbe rischioso – in termini di comprensione del fenomeno – cercare di semplificarla in poche righe. Ogni situazione meriterebbe infatti una particolare attenzione e un adeguato approfondimento. Certamente non esiste una spiegazione univoca, così come non esiste un esclusivo modo corretto di esercitare la propria capacità di resilienza attraverso le personali risorse a disposizione.
La vita pone di fronte a continue sfide, che possono generare stress e confusione. Accade perciò a chiunque di non riuscire a trovare la modalità più adatta per rispondere ad alcune di queste difficoltà. Può risultare in tal caso utile chiedere consiglio ad un professionista, che sappia guidare nella scoperta – o nella riscoperta – delle proprie personali competenze.