Il mondo moderno viene spesso definito con l’appellativo di “società dell’immagine”. Tra le migliaia di immagini alle quali siamo quotidianamente sottoposti, spicca per importanza quella che ciascuno di noi può osservare tutti i giorni allo specchio: sto parlando della propria immagine riflessa. La questione dell’immagine corporea rappresenta un tema sempre attuale e talvolta delicato. Essa è legata non soltanto a ciò che vediamo tutti i giorni nello specchio, ma anche a ciò che “vediamo” con la mente quando pensiamo a noi stessi. Riveste dunque un ruolo fondamentale nella costruzione dell’identità e dell’autostima. Come? Restituendo all’individuo il proprio modo di percepirsi e consentendogli – sulla base di ciò – di offrire agli altri una precisa idea di sé a seconda delle circostanze, così da potersi presentare al meglio in ogni contesto.
Ma se la nostra immagine allo specchio non ci fa sentire bene con noi stessi, come possiamo comportarci? Qual è la soluzione più adatta per noi?
In alcuni casi, agire direttamente sul proprio aspetto fisico può essere d’aiuto. Senza la necessità di ricorrere a grandi manovre, si possono adottare dei piccoli accorgimenti come un nuovo taglio di capelli (per sentirsi più sicuri, più attraenti, più professionali, eccetera) o si può optare per semplici interventi orientati a migliorare un difetto estetico particolarmente evidente e che condiziona aspetti della vita di tutti i giorni, come le relazioni, influendo così anche sullo stato emotivo.
Altre volte, il problema sembra essere invece rappresentato non tanto da un’imperfezione o da un difetto fisico, quanto piuttosto dal modo in cui si percepisce la propria immagine allo specchio – immagine che talvolta può apparire distorta, quasi come se la si osservasse attraverso una lente deformante.
Chiunque abbia fatto delle ricerche online è probabilmente incappato nella parola dismorfofobia, termine diagnostico che viene solitamente associato a questo fenomeno. Ma prima di correre ai ripari gridando alla diagnosi, è bene considerare come tale condizione appaia sempre più diffusa anche in relazione dell’enorme importanza che la nostra società dell’immagine attribuisce al corpo, inteso come oggetto da esibire e che quindi dev’essere o comunque deve mostrarsi perfetto, poiché da esso sembra dipendere in toto il proprio valore personale. È dunque il caso di allarmarsi, convincendosi che il problema sia nella nostra testa? O si può invece considerare il ruolo dei fattori esterni e partire da lì, per modificare gradualmente il nostro modo di percepirci?
In tali circostanze può allora essere utile confrontarsi con uno psicologo che aiuti a comprendere meglio le proprie percezioni e che offra l’occasione di modificare il proprio sguardo, per cominciare ad osservare se stessi in maniera differente; per dare nuovi valore e significato a ciò che si vede nello specchio.
L’osservazione della propria immagine si unisce dunque al dialogo terapeutico – talvolta anche grazie all’utilizzo mirato delle fotografie (qui puoi saperne di più) – dando così a ciascuno la possibilità di cominciare a raccontarsi e a descriversi con parole e significati inediti, condivisi e scelti insieme al professionista. Verso un nuovo modo di pensarsi e percepirsi, verso un nuovo modo di essere.