DiversitàRuoli e contesto sociale

Diversità: problema o potenzialità?

By 16 Giugno 2020Novembre 2nd, 2020No Comments

La realtà dei giorni nostri è come una variopinta tavolozza culturale. Girando attorno lo sguardo ci accorgiamo di essere sempre più circondati dalla “diversità”, che si svela attraverso le sue numerose sfaccettature. Viviamo in città multietniche e multiformi, abitate da persone molto differenti tra loro, che ospitano scenari culturali unici e variegati. La diversità può interessare ogni possibile gruppo di appartenenza – come l’etnia, la religione, la classe sociale, la sessualità – o tematica – si pensi alla politica, alla musica, all’arte, allo sport, alla spiritualità o allo stile di vita – e può manifestarsi in molteplici modi; ciò la rende una questione sempre attuale, che può coinvolgere o riguardare chiunque di noi. La possibilità di imbattersi nel “diverso” è sempre più frequente e sempre più consueta, tuttavia sono ancora molte le resistenze verso una totale accettazione di ciò che non corrisponde all’idea maggiormente diffusa e condivisa di “normalità”.

Basta accendere la televisione durante l’ora del telegiornale per essere ancora oggi testimoni di una comunicazione molto spesso orientata in maniera implicita alla diffidenza nei confronti del “diverso”, nei confronti cioè di tutto ciò che è totalmente o anche parzialmente sconosciuto. La marcata divulgazione di specifiche notizie in linea con questa tendenza appare spesso abbinata alla scarsa diffusione di altre notizie che remano invece in direzione opposta – le quali, nel migliore dei casi, vengono confezionate come eccezioni che confermano la regola. Per fare un esempio, si può affermare – restando super partes – che il crimine commesso dall’immigrato clandestino faccia più notizia dello stesso crimine commesso da un cittadino regolare.
È certamente possibile osservare molti altri esempi. Nonostante l’omosessualità non venga più considerata una malattia del DSM (il manuale diagnostico dei disturbi mentali), si può ancora diffusamente riscontrare una percezione del fenomeno in quanto forma di diversità che può creare talvolta disagio, talvolta imbarazzo, talvolta timore. L’immagine del maschio omosessuale che appare maggiormente condivisa attraverso i mezzi di comunicazione di massa – in particolare da quelli dell’intrattenimento – sembra coincidere con lo stereotipo dell’uomo effemminato, talvolta sopra le righe; viceversa, l’uomo effemminato viene implicitamente etichettato come omosessuale, tant’è che spesso si finisce per stupirsi se poi le cose non stanno così. Viene in questo modo ignorato tutto quell’insieme di persone che, pur riconoscendo come parte di sé anche un’identità omosessuale, non sente di potersi includere nella categoria per come questa viene comunemente rappresentata e descritta. La diversità, in un certo senso, continua in alcuni casi ad essere colta e messa in evidenza nonostante la modernizzazione del pensiero sociale e il progresso in ambito legislativo, quasi il cambiamento fosse avvenuto esclusivamente nella modalità con cui si le persone vengono indotte a percepire il diverso: da una disturbante anormalità ad una stravagante caricatura.

Anche le predisposizioni individuali – come l’orientamento politico, l’affiliazione ad una squadra sportiva, l’adesione ad uno stile di vita alternativo, eccetera – rappresentano un terreno di scontro tra diversità. Basti pensare a quando ci si trova allo stadio, nelle vicinanze di una tifoseria rivale; o in un dibattito politico tra persone che hanno votato differenti partiti; o a tavola con amici che hanno altre abitudini alimentari, dettate da un preciso senso etico o morale. La diversità, inevitabilmente, fa parte della vita di tutti i giorni.

L’esperienza del “sentirsi diversi” ricopre quindi valenze e significati molteplici, che possono essere esplorati attraverso le storie personali di ciascuno di noi. In altre parole, ogni storia rivela il senso che la diversità assume per colui o colei che la racconta.

Ho conosciuto una ragazza, anni fa, che si sentiva diversa. Mi ha confidato il suo enorme senso di smarrimento nel rendersi conto di non riuscire ad accontentare le aspettative di amici e familiari. Lei sentiva di voler intraprendere una strada alternativa, non voleva seguire il tracciato comune. Non desiderava trovare un fidanzato, né sposarsi o avere figli. Voleva viaggiare, vivere la vita a modo suo. Quando l’ho conosciuta, aveva già cominciato a seguire la propria strada, da sola. Mi ha raccontato di essersi sentita finalmente libera solo dopo avere deciso di ascoltarsi. Aveva dovuto fare i conti con la delusione negli occhi dei genitori e non avrebbe mai smesso di soffrire per questo; nonostante ciò l’amore che li univa non era mai stato messo in discussione. Era stata una scelta difficile, che aveva però cambiato per sempre il suo modo di sentirsi “diversa”.

Mia Battaglia – una donna transgender che per anni ha lottato contro la propria diversità, scegliendo infine di abbracciarla – tempo fa ha scritto in un post: “Nessuna persona ragionevole sceglierebbe consapevolmente e liberamente la diversità. Non è una scelta di vita: la diversità accade, e non facilita per nulla le cose. È impegnativa, difficile, a volte ti schiaccia. Alcuni, come me, hanno la fortuna di capire che può essere un dono prezioso, ma non è detto: per molti, probabilmente la maggioranza, la diversità resta una croce da portarsi addossi per tutta la vita”.

Chi guarda con sospetto la diversità, innanzitutto, dovrebbe partire da questo presupposto. Ciò vale anche per chi, rivolgendo lo sguardo verso se stesso, osserva con diffidenza o timore la diversità propria insieme a quella degli altri. In altre parole, la diversità è nell’occhio di chi guarda.
Non bisogna mai dimenticare, d’altro canto, che essa fa parte di ogni persona, di ogni vita, di ogni storia. Persino i racconti di persone che hanno partecipato alla medesima esperienza risultano intrinsecamente ed inevitabilmente caratterizzati da una buona dose di normale diversità. È importante, quindi, accogliere la propria personale storia, osservarne le irregolarità, le sfaccettature che la rendono diversa; è importante narrare e narrarsi, senza il timore di essere giudicati… o di giudicarsi.

Può allora il proprio “sentirsi diverso” rappresentare non tanto (o non soltanto) un problema quanto piuttosto una potenzialità? Può dunque la diversità essere trasformata da limite in risorsa?

Personalmente, in quanto psicologo, mi assumo talvolta il delicato compito di condurre l’altro attraverso il sentiero dell’ignoto, della diversità, alla riscoperta del proprio sé potenziale che rischierebbe altrimenti di rimanere taciuto e inespresso; il sentiero del già noto potrà certo sembrare il più rassicurante, ma non necessariamente dev’essere la sola strada percorribile. Tramite l’ascolto rispettoso e partecipe delle storie altrui, l’obiettivo è quello di aiutare l’individuo a raccontarsi con parole nuove, dialogando insieme per elaborare e trasformare i significati e i vissuti legati ad una questione tanto spinosa. Accompagnandolo nei primi passi, si può far sì che impari a muoversi con le proprie gambe lungo il tortuoso sentiero della diversità, affinché questa possa assumere una nuova forma, quella della propria personale unicità. In fin dei conti, citando Gregory Bateson, “la saggezza è saper stare con la differenza senza voler eliminare la differenza”.

Giorgio Bordin

Author Giorgio Bordin

Psicologo, psicoterapeuta, formatore, fotografo, autore di articoli su web e riviste.

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