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Ansia, rabbia e paura: come disinnescare le emozioni negative?

By 24 Giugno 2020Gennaio 22nd, 2021No Comments

La metafora è già nel titolo. Un’emozione negativa come quella della rabbia o della paura può in certi casi manifestarsi con tanta violenza da essere paragonata ad un’esplosione, che viene innescata da particolari pensieri e può generare uno stato d’ansia. Una reazione del genere non è così rara, ma non c’è da stupirsi: l’ansia, infatti, costituisce un normale meccanismo utilizzato dal nostro organismo per consentirci di rispondere efficacemente ad un evento, una situazione o un’emozione particolarmente stressante; talvolta, però, tale risposta fisiologica può risultare eccessiva, tramutandosi quindi da aiuto in ostacolo.
Nel mio lavoro di psicoterapeuta mi trovo spesso ad avere a che fare con questo genere di vissuti, che pur essendo molto diffusi – manifestando perciò alcuni aspetti in comune tra gli individui – appaiono al tempo stesso estremamente soggettivi e personali. Ad esempio, immaginiamo che due persone esprimano la medesima paura di non superare un colloquio di lavoro: tuttavia, la prima potrebbe temere di sentirsi rifiutata e non riconosciuta nelle proprie competenze lavorative; la seconda potrebbe invece essere preoccupata per la necessità di mantenersi o di mantenere la propria famiglia. Si tratterebbe quindi dello stesso genere di paura manifesta. Eppure, il vissuto di chi la sperimenta risulta assolutamente personale e dunque non generalizzabile, così come le sue possibili reazioni emotive.

Si può disinnescare un’emozione negativa?

Certo, è possibile. O meglio, è possibile disinnescarla temporaneamente. È necessario infatti sottolineare che qualsiasi strategia messa in atto per sabotare il forte impatto di una data emozione non può in alcun modo corrispondere alla soluzione definitiva, qualora tale emozione fosse legata a processi interni profondi e ben radicati. Si tratterebbe, invece, di stratagemmi utili ad attenuare il vissuto emotivo in sé, per darsi successivamente il tempo e lo spazio di trasformarne il significato in maniera più profonda e duratura.
In altre parole, le strategie di disinnesco servono per bloccare il meccanismo circolare dell’emozione che si presenta come ostacolo alla vita quotidiana, agendo sulla ricorsività del pensiero (ovvero sui comuni processi cognitivi attraverso cui l’emozione si autoalimenta, continuando a rafforzarsi e a sostenersi da sola); in seguito, il lavoro con un terapeuta – o qualsiasi altra strada l’individuo scelga di intraprendere – si concentra invece sugli aspetti prettamente personali del vissuto emotivo in questione.

Facciamo un esempio.

Per chiarire ulteriormente quanto detto finora, ho pensato di proporre come esempio una situazione reale che si è recentemente verificata proprio nel mio lavoro. L’episodio risale ad un paio di settimane fa, in occasione dell’appuntamento con un ragazzo che incontro regolarmente da qualche mese. Al suo arrivo nel mio studio, egli appare visibilmente turbato. Mi racconta subito che pochi minuti prima – mentre veniva al nostro incontro, fatalità! – aveva vissuto un’esperienza molto spiacevole che lo aveva messo in un forte stato di agitazione. Da principio la rabbia lo aveva portato a reagire negativamente, amplificando in questo modo la situazione e generando in lui sentimenti di paura e di ansia. Esprime in aggiunta la sua preoccupazione di non riuscire a concentrarsi sul lavoro programmato insieme per l’ora successiva.

Quindi, come allontanare la paura?

«Ma perché mandarla via? Facciamola restare qui con noi!»

Immaginate l’espressione del ragazzo in risposta a questa mia affermazione. In psicoterapia, contrariamente a quanto molti potrebbero pensare, ogni cosa può essere utilizzata in maniera positiva e strategica. Possiamo facilmente anticiparci che un’emozione intensa come quella della paura difficilmente lasci il campo libero a sensazioni di calma e tranquillità, insediandosi invece con prepotenza là dove trova terreno fertile. Dunque, se non possiamo farla magicamente sparire, allora usiamola. Usiamola a nostro vantaggio! Se non ci è possibile lavorare su quello che avevamo programmato per l’ora seguente, cogliamo l’occasione per concentrarci su qualcos’altro – su ciò e con ciò che abbiamo attualmente a disposizione.

In pochi minuti, escogitiamo e mettiamo alla prova nello spazio terapeutico tre diverse strategie di disinnesco per l’ansia e la paura sperimentate in quel momento dal ragazzo, descritte di seguito in maniera molto semplificata.

1. Per cominciare, gli propongo un’immagine metaforica attraverso il dialogo (qui riportato sotto forma di monologo per sintetizzare). «Si è mai lanciato da un pendio con la bicicletta? Immagino che avrà lasciato andare i pedali per farsi trasportare dall’accelerazione, giusto? Quindi ha presente la velocità che può prendere la bici in discesa. Le ruote girano talmente in fretta che non si riescono più a vedere i raggi, si confondono tutti in una percezione sfocata. Ecco, immagini che la bici rappresenti la sua rabbia. Le ruote con i raggi sono invece i suoi pensieri, che spingono la rabbia e che a loro volta vengono spinti da essa per l’inerzia dell’accelerazione. Quando sta in sella alla sua rabbia è come andare in discesa, accelera sempre più lasciando andare i pedali fino a perdere il controllo della velocità e della direzione. Quali opzioni ha a disposizione per scendere dalla bici? Potrebbe frenare, ma sappiamo entrambi che una frenata non interromperebbe la corsa, permetterebbe solo di rallentare e non le darebbe il tempo necessario per scendere dal sellino. Allora potrebbe infilare un bastoncino tra le ruote della bicicletta, bloccandone immediatamente la corsa. Nella realtà si tratterebbe chiaramente di una manovra pericolosa, poiché verrebbe sbalzato violentemente dalla sella rischiando di farsi molto male. Ma se consideriamo la bici come una metafora della sua rabbia, possiamo ugualmente affermare che essere sbalzato via rappresenti per lei una conseguenza negativa o un pericolo? O potremmo invece considerarlo un effetto positivo in grado di sabotare la reazione emotiva?».
Perché offrire una metafora? Un’immagine metaforica può essere velocemente richiamata alla mente dal ragazzo nelle situazioni di crisi, quando cioè si trova prevaricato dall’intensità delle proprie emozioni. In molti casi, infatti, un’immagine può risultare più immediata di un qualsiasi ragionamento logico. Nei momenti di forte rabbia, visualizzare il bastoncino da infilare tra le ruote di una bicicletta in corsa può essere maggiormente efficace che mettersi a ragionare sulle implicazioni della propria reazione emotiva, soprattutto se l’obiettivo preliminare è quello di interferire con l’escalation di pensieri rabbiosi.

2. Uno stratagemma che può essere utilizzato in ogni situazione – poiché facilmente adattabile alle differenti circostanze – per gestire la sensazione di ansia o paura consiste nel porsi una semplice domanda: “qual è la cosa peggiore che potrebbe succedere come conseguenza?”. Nonostante possa apparire come un’idea abbastanza ovvia, in pochi si interrogano a tal riguardo. La maggior parte delle volte, come nel caso raccontato, ci si può sorprendere nel rendersi conto che la peggiore evenienza non sarebbe tutto sommato così tragica come ci si aspettava; ciò consente di relativizzare anche le altre possibili conseguenze minori. Qualora invece l’ipotesi peggiore si rivelasse in effetti problematica, lavorare d’anticipazione permetterebbe non soltanto di prepararsi ad affrontarla ma anche di imparare indirettamente a fronteggiare le altre eventualità meno gravi.

3. Le distrazioni rappresentano senza dubbio un escamotage molto banale, ma tuttavia efficace. Spostare l’attenzione volontariamente, cambiando discorso o chiedendo alla persona di svolgere un compito, può costituire una strategia utile per distogliere il pensiero da un particolare vissuto emotivo. A questo proposito, è fondamentale tenere a mente che in molti tendono ad usare la distrazione come tattica di fuga o come soluzione immediata, che però alla lunga si rivela essere inefficace. Va dunque considerata come uno strumento che permette in certi casi di boicottare l’emozione ostacolante, al fine di sabotarla e di renderla meno intensa e pervasiva. Ciò può consentire l’apertura di altre strade, altrimenti precluse dall’ingombrante vissuto emotivo. Proponendo al ragazzo di dedicarci ad altre questioni per soli dieci minuti (e promettendogli di osservare l’orologio alla sue spalle per non fargli “trattenere” l’ansia oltre il limite) metto quindi in atto tale strategia, facendo in modo che ne sperimenti lui stesso l’efficacia all’interno dello spazio terapeutico. Scaduto il tempo pattuito, infatti, l’ansia sembra significativamente diminuita e il ragazzo non si è nemmeno accorto che i dieci minuti sono già trascorsi.

Le tre proposte sopra illustrate, ovviamente, rappresentano solo alcuni esempi tra le infinite possibili strategie che l’individuo può escogitare autonomamente o insieme al terapeuta, sulla base delle proprie necessità, risorse e potenzialità.
Va ricordato inoltre che l’uso di tali strategie può risultare efficace in alcune circostanze, ma spesso non è sufficiente a risolvere i propri conflitti; occorre invece seguire un processo costante e personalizzato che aiuti a costruire nuovi significati per i propri vissuti emotivi e a narrare in modo nuovo le proprie emozioni. La ricerca può così condurre chiunque alla scoperta di un rinnovato senso celato dietro a rabbia, paura e ansia, permettendo di oltrepassare con lo sguardo i loro soli aspetti negativi.

Anche l’esperienza dei vissuti negativi può dunque nascondere un’opportunità, come appare evidente nel caso descritto. L’intrusione della paura sulla scena terapeutica ha di fatto fornito un’occasione: quella di lavorare insieme al ragazzo sulle modalità di disinnesco delle emozioni che spesso e volentieri condizionano la sua esistenza. Nonostante sembrasse all’inizio che la sua paura potesse impedirci di lavorare efficacemente, il nostro si è rivelato infine essere un incontro produttivo, una deviazione fuori programma che però abbiamo saputo cogliere e sfruttare in modo positivo, utile e strategico.

Giorgio Bordin

Author Giorgio Bordin

Psicologo, psicoterapeuta, formatore, fotografo, autore di articoli su web e riviste.

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