AnsiaGestione dello stress

Ansia e pessimismo: come smettere di aspettarsi il peggio?

By 12 Settembre 2020Settembre 13th, 2020No Comments

Si potrebbe ironicamente affermare che la forza motrice della nostra società sia l’ansia.

Ebbene sì, avete letto bene! Andando oltre il senso ironico del messaggio, ci si rende presto conto che tale asserzione contiene un fondo di verità. Quanti di voi, leggendo la frase di apertura, hanno fatto cenno di sì con la testa? L’ansia è ormai diventata una forma condivisa di normalità. È qualcosa che ci accomuna più o meno tutti, appianando le differenze. Se tu, lettore o lettrice, sei invece una di quelle persone che riesce a non farsi condizionare in alcun modo dalle innumerevoli pressioni sociali, lavorative e familiari, ti sarai ugualmente trovato molte volte in situazioni in cui gli altri intorno a te condividono le proprie ansie, spalleggiandosi, riconoscendosi reciprocamente come membri di una comune “tribù” di ansiosi – e spesso, inconsapevolmente, alimentando a vicenda le loro rispettive ansie. Tutto inizia parlando del più e del meno – di lavoro, di famiglia, di cose che si vorrebbero fare; insomma, della vita – e regolarmente si va a finire lì.

Ma che cos’è l’ansia?

L’ansia costituisce un aspetto fisiologico della condizione umana, che si è dimostrato fondamentale per la sopravvivenza della specie. Se sfruttata e gestita in modo adeguato è perciò da considerarsi una risorsa utile anche per l’individuo. Tuttavia, l’ansia rappresenta oggi una forma di disagio largamente diffusa e che può manifestarsi in molteplici modi. Di fatto, la domanda può dare luogo a risposte diversissime a seconda della persona alla quale viene rivolta. Differenti vissuti, differenti storie, differenti sguardi sugli eventi problematici non possono certo condurre alla medesima risposta.
Ciò nonostante, è forse possibile individuare un punto in comune – o quanto meno frequente – nell’esperienza di coloro che si definiscono “ansiosi”. Mi riferisco alla sensazione che qualcosa di brutto stia per accadere, come se il peggio fosse sempre in agguato dietro l’angolo. Tale percezione porta l’individuo ansioso a vivere in funzione di eventi negativi che ancora non sono accaduti – e che magari non accadranno mai. Quasi in una sorta di pessimismo profetico.

Disse il grande Seneca, circa 2000 anni fa: “quello che consiglio è di non essere infelice di fronte alla crisi; perché può essere che i pericoli davanti ai quali impallidisci […] non ti raggiungeranno mai; certamente non sono ancora arrivati”.
Si può tuttavia osservare come la popolazione moderna tenda con facilità a preoccuparsi, spesso in maniera eccessiva e ancora prima che ci siano dei motivi per farlo. In questo modo finiamo per anticipare l’esperienza di stress, paura o dolore, esperienza che in futuro potrebbe anche non presentarsi. In altre parole, è come immergersi nell’acqua profonda senza alcuna certezza che la barca affonderà e sperare di rimanere semplicemente a galla.
L’anticipazione di ipotetiche sofferenze attese non rappresenta tuttavia l’unico aspetto critico. Un ulteriore fenomeno diffuso (non soltanto nelle situazioni d’ansia) è quello che nel campo della psicologia viene comunemente chiamato “profezia che si autoavvera”.

In questo caso, è un po’ come dire che aspettarsi il peggio finisce quasi sempre per portare al peggio. Ma come funziona di preciso tale meccanismo profetico? Come possono le nostre aspettative influire sugli eventi esterni tanto da determinarne gli esiti?

“…e se attraversando quel quartiere mi rapinassero?”
“…e se durante il viaggio perdessi il mio bagaglio?”
“…e se l’esame per il quale ho studiato tanto andasse male?”
“…e se il capo mi sgridasse per come sto svolgendo questo lavoro?”
“…e se a quella ragazza non piacessi?”
“…e se lui non mi rispondesse al messaggio?”
“…e se un giorno la persona che amo mi lasciasse?”
Questi sono solo alcuni esempi tra le possibili ed innumerevoli domande dettate dall’ansia. Domande alle quali generalmente non possiamo avere risposta. Ciò può spingere ad anticipare scenari futuri sulla base di aspettative negative distorte, anch’esse suggerite dall’ansia.
Prendiamone una, come modello per tutte: “…e se l’esame per il quale ho studiato tanto andasse male?”. A chi non è capitato almeno una volta nella vita di preoccuparsi per un esame, un colloquio, un appuntamento o qualsiasi altro genere di prova, pur sapendo di essersi preparato a sufficienza per affrontarlo? Sperimentare del nervosismo in certe situazioni è comprensibile e naturale; quando però il vissuto risulta eccessivamente intenso può provocare reazioni e comportamenti che rischiano di essere d’intralcio nel pieno utilizzo delle proprie capacità. Ecco che, nel caso dell’esame, di fronte all’esaminatore entriamo in confusione e non riusciamo a recuperare le informazioni che ci servono per rispondere adeguatamente alle domande che ci vengono poste, nonostante le ore spese nello studio. Qualora non superassimo l’esame, cosa potremmo dire a riguardo? Potremmo affermare di non esserci preparati a sufficienza o potremmo dire che, malgrado fossimo preparati, l’ansia ci ha giocato un brutto tiro? Quale tra queste due ipotesi sembra essere la più verosimile?
La tendenza più comune e diffusa è quella di interpretare gli eventi negativi come una conferma di quanto ci aspettavamo fin dal principio, piuttosto che riconoscerli come conseguenza del nostro comportamento e delle nostre aspettative – che, come già accennato, risultano fra loro intrecciati. Ed ecco, quasi per magia, come l’ansia sabotatrice permette alla profezia di autoavverarsi e come la persona finisce per generare essa stessa il dolore e lo stress che si era anticipata, legittimando così ulteriormente la propria visione pessimistica… il beffardo destino dell’ansioso!

A che scopo, dunque, focalizzare l’attenzione su un ipotetico futuro nefasto? In quale altra direzione si può impiegare la propria energia?

Nella nostra epoca tutto sembra orchestrato ad un unico scopo: quello di prepararci alla vita. Percorsi di studio interminabili, lunghi periodi di gavetta e carriere professionali che richiedono un grosso investimento di tempo ed energie, poi mutui, debiti, eccetera: un fiume che ci porta a condurre un’esistenza di attese e di incertezze, educandoci in qualche modo a preoccuparci costantemente del domani. Giusto o sbagliato che sia, bisogna comunque fare i conti con il fatto che troppo spesso questi ritmi risultano essere fonte di eccessiva ansia. Occorre quindi trovare dei modi alternativi per imparare a gestire tale carico emotivo, boicottando il meccanismo che ci induce ad alimentarlo.
Quale modo migliore, per contrastare l’ansia riguardo al futuro, se non quello di vivere a pieno il presente? Concentrarsi il più possibile sul momento attuale, senza vivere in funzione di ciò che avverrà poi, imparando poco per volta a non preoccuparsi eccessivamente per il domani (per quanto ci viene reso possibile dalla nostra personale condizione, naturalmente). In altre parole, occuparsi del presente invece che “pre-occuparsi” del futuro. Al fine di non perderci ciò che sta accadendo adesso e per non consentire alle nostre peggiori paure e aspettative di continuare a condizionarci – e, alla fine, di autorealizzarsi.

Ecco uno spunto valido, per cominciare. Può essere un punto di partenza o un punto di arrivo. Non esiste un’unica strada e non esiste un’unica meta, la direzione dipende da te. Ma che fare quando non riesci a seguire la rotta? Come puoi essere certo che la strada che hai scelto sia la più giusta per te, per la tua situazione e per le tue esigenze? La psicoterapia può aiutarti a cercare le risposte, offrendoti innumerevoli possibilità e strade da esplorare; lo psicologo può essere dunque un buon compagno di viaggio, capace di guidarti verso la comprensione e la scelta consapevole del percorso più adatto a te e all’andatura del tuo passo.

Giorgio Bordin

Author Giorgio Bordin

Psicologo, psicoterapeuta, formatore, fotografo, autore di articoli su web e riviste.

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